In questo capitolo tratteremo gli argomenti riguardanti, in particolare, il volo con il parapendio. Inizieremo analizzando questa leggerissima ala e le parti che la compongono, tentando di comprenderne l'evoluzione storica (cioè i successivi miglioramenti che hanno condotto alle ali attuali); considereremo anche i diversi tipi di sellette (divenute vere e proprie imbragature) nonchè l'impiego del paracadute di emergenza. Dedicheremo infine la nostra attenzione alla tecnica di pilotaggio, cercando di comprendere come le regole generali dell'aerodinamica debbano essere di volta in volta "interpretate" in base alle caratteristiche molto particolari di questa strana "macchina volante".
Ancora più di quella del deltaplano, infatti, l'aerodinamica del parapendio pone problematiche particolari, rese più ardue dalla possibilità di ottenere configurazioni di volo "inusuali" (cui dedichiamo spazio in questa nuova edizione del libro).
Il parapendio è senza alcun dubbio l'apparecchio più leggero che esista: in una sacca dal peso
massimo di 8-10 Kg trova posto tutto ciò che serve per osservare il mondo dall'alto: ala, imbrago, strumenti e
casco (più l'eventuale paracadute d'emergenza).
Il parapendio è formato dalla vela e dai fasci funicolari che, riunendosi in cavi e nastri di dimensioni sempre
maggiori, giungono fino all'imbrago, al quale sono uniti per mezzo di moschettoni con chiusura a vite.
La vela è formata da due strisce di tessuto sovrapposte ed unite tra loro da centine forate nel
mezzo. Come in tutte le ali, la superficie superiore è detta estradosso e quella inferiore infradosso.Il bordo di
uscita (la cucitura posteriore tra le due strisce di tela) è chiuso, mentre il bordo di entrata presenta sempre
delle aperture (dette bocche) attraverso cui, nelle fasi di decollo e durante il volo, l'aria penetra
generando il "gonfiaggio" della vela ed il mantenimento della pressione al suo interno.
Le centine hanno il compito di mantenere ad una distanza prefissata estradosso ed infradosso, proprio come accade
nei materassini pneumatici da spiaggia che, senza centine, diverrebbero dei "palloni gonfiati" anzichè, appunto,
dei materassini.
I fori nelle centine servono per mantenere una pressione uniforme all'interno dell'ala, permettendo all'aria di
riequilibrare rapidamente eventuali differenze che si possono generare nei diversi punti della vela.
La parte di vela compresa tra due linee di inserzione dei cordini è detta cassone: questo, a sua volta,
può essere suddiviso da una o più centine in due o più infracassoni: in altre parole il numero
di cassoni non ci dice quante centine ha la nostra ala, bensì quante linee di inserzione dei cavi esistono.
è abbastanza intuitivo che un basso numero di cassoni si traduce in una forma rigonfia e "a tubi paralleli",
mentre un elevato numero di cassoni permette di ottenere un'ala dalla sezione più lineare: pochi cassoni (e dunque
poche linee di inserzione) significano che ogni cavetto è chiamato a "portare" un carico relativamente elevato e
questo si traduce in una sensibile "trazione" sulla vela nel punto di inserzione. Per contro molti cassoni (molte linee
di inserzione) distribuiscono il carico in modo più uniforme lungo tutta la superficie velica.
Le estremità alari terminano con bande di vela rivolte verso il basso: gli stabilizzatori.
Mentre un tempo la vela, quasi piatta, formava una angolo deciso con gli stabilizzatori, oggi tale angolo si è
molto ammorbidito e, vista da davanti l'ala ricorda una mezzaluna: questa curvatura è detta campanatura e,
insieme agli stabilizzatori, gioca un ruolo nel mantenimento dell'apertura della vela stessa (v. oltre).
I cavi si inseriscono nella vela tramite triangolini di tessuto, che hanno il compito di distribuire meglio il
carico, rendendo più resistente l'inserzione.
Tutte le funi di una semiala si congiungono, tramite piccoli moschettoni a ghiera, a tre o più larghe fasce di tessuto: gli elevatori anteriori (detti elevatori A), quelli intermedi (B ed eventualmente C) e quelli posteriori; gli elevatori di ogni lato, a loro volta si riuniscono a formare uno dei due punti di aggancio del parapendio all'imbragatura.
Come vedremo, un'eccezione è rappresentata dalle ali (oggi poco utilizzate) per le quali è prevista anche una guida basculante: in questo caso arrivano alla selletta (che viene detta "di pilotaggio") almeno 4 moschettoni indipendenti (spesso 6), due per la semiala destra e due per quella sinistra.
Gli elevatori posteriori hanno un anello nel quale passa il cavo del freno che termina con una maniglia. Il cavo del freno, in prossimità della vela, si sfiocca in una serie di cavetti che si inseriscono nelle parti laterali del bordo di uscita della semiala. Un parapendio è guidabile anche senza freni, utilizzando gli elevatori posteriori, ma i primi rendono molto più preciso e meno faticoso il pilotaggio.
Sempre più diffuso, infine, è lo speed system o acceleratore, costituito da una coppia di cavi che,
passando attraverso appositi anelli (già previsti nella maggior parte delle sellette) giungono ad una pedalina.
Questi cavi sono studiati per trazionare verso il basso (quando il pilota spinge sulla pedalina) sia gli elevatori
anteriori che quelli intermedi (B), anche se in misura differente: in genere gli elevatori A sono sollecitati al 100%
dell'escursione mentre gli elevatori B al 50%.
In tal modo, azionando l'acceleratore, si modifica l'assetto della vela, riducendo l'angolo di incidenza lungo tutto
l'ala.
Proprio per le sue caratteristiche di "apparecchio minimale" il parapendio deve essere perfettamente integro (non
esistendo nulla di superfluo non ci si può permettere di averne alcune parti deteriorate).
Inoltre la struttura non è adatta a sopportare in sicurezza condizioni meteorologiche meno che ottimali: ecco
l'importanza letteralmente "vitale" dello studio della meteorologia.
Figura 6-1. Il parapendio e le principali parti che lo compongono
A differenza di quanto visto per il deltaplano, il parapendio, non ha parti rigide: ovviamente, quindi, sia i cavi che la vela sono sollecitati soltanto in trazione (e mai in compressione).
Vengono utilizzati numerosi e sofisticati materiali sintetici (fra i quali ricordiamo Mylar, Dacron e Trilam): i tessuti leggeri e porosi, tipici dei primi modelli derivati dai paracadute da lancio, hanno lasciato il posto a tele più rigide a porosità molto bassa; questa caratteristica li rende poco idonei a sostenere lo shock di apertura ad alte velocità.
Il tessuto, inoltre, mostra sempre una fitta trama a reticolo quadrangolare che ha lo scopo di distribuire
uniformemente il carico e di impedire la propagazione di piccoli tagli.
Il principale nemico della vela è il sole, o meglio le radiazioni ultraviolette (U.V.) che esso emana.
Per questo motivo non è consigliabile lasciare il parapendio esposto ai raggi solari più di quanto
richiesto dalle normali operazione di volo: le lesioni da U.V. si esprimono, nelle fasi iniziali, con una perdita
di consistenza ed un "impallidimento" dei colori. Un eccessivo invecchiamento si traduce, inoltre, in un aumento della
porosità che, nei casi estremi, può determinare una tendenza allo stallo paracadutale (vedi); è
dunque opportuno verificare o far verificare periodicamente lo stato del tessuto, specie per ali usate.
Più realisticamente i danni alla vela possono derivare dal fatto che essa venga tagliata da rametti, arbusti o rovi durante le operazioni a terra: ecco perchè gli istruttori sottolineano l'importanza di non "trascinarla" mai sul terreno e di adottare misure particolari nei decolli ricchi di tali insidiosi nemici.
Si tratta, nella maggior parte dei casi, di cavetti in Kevlar prestirato, in Dyneema od in Vectran, ricoperti da materiale plastico: nei primi modelli, infatti, dopo alcuni voli, i cavetti avevano la tendenza ad "allungarsi" modificando sensibilmente le caratteristiche di sicurezza dell'ala stessa; oggi tale "rischio" è annullato dalla operazione di pre-stiramento, attuata direttamente dai produttori.
Con l'aumentare del numero di cassoni (e quindi di cavetti) la tentazione di ridurre i diametri (minore resistenza in volo!) ha indotto alcuni produttori ad utilizzare cavetti sempre più sottili, il cui vantaggio aerodinamico è spesso superato dal rischio di rottura sequenziale (un cavetto dopo l'altro) in caso di turbolenze che alterino la distribuzione del carico sui cavetti stessi.
Il carico di rottura di ogni cavetto, infatti, viene calcolato e prefissato in relazione al loro numero complessivo: più cavetti ci sono minore è il carico che ognuno di essi è chiamato a sopportare. Come per altre "macchine del cielo", comunque, la caveria deve poter sopportare, nel suo insieme, circa 8 G. Tra le situazioni che possono danneggiare i cavetti ricordiamo i piegamenti troppo drastici (piegamento a V) e la possibilità che subiscano lesioni dirette: calpestati sopra ad una roccia, impigliati durante un decollo, ecc..
Due cavi particolari sono i "freni", solitamente in nylon: per il continuo sfregamento all'interno dell'anello che li
guida, i freni sono il principale punto di usura di una vela volata bene.
Il loro metodico controllo e la loro periodica sostituzione sono semplicemente indispensabili per evitare di dover
"guidare" con gli elevatori posteriori.
Alcuni modelli sono dotati di trim che consentono di modificare la lunghezza degli elevatori posteriori e, quindi, l'incidenza dell'ala in volo. Il loro impiego non ha incontrato grande successo, soprattutto per la impossibilità di "disinserirli" rapidamente in caso di problemi. La esatta posizione dei trim dovrebbe essere sempre controllata, prima del volo, verificandone la simmetria.
Lo speed system (o acceleratore) lavora in trazione ed è importante verificarne la libertà di
scorrimento e la assenza di grovigli o nodi che ne renderebbero asimmetrica od impossibile l'azione.
In alcuni modelli, l'acceleratore, agisce su una piccola "barra di distribuzione" che trasmette gli effetti a tutti
gli elevatori che il progettista ha ritenuto di poter trazionare in volo. A differenza dei trim, l'acceleratore presenta
il vantaggio di poter essere azionato e rilasciato in modo rapido.
Triangolari od ovali, i moschettoni di acciaio (meglio) o di alluminio che saldano l'ala alla selletta devono potersi
chiudere e bloccare per mezzo di una ghiera a vite. Sono di gran lunga la parte più sovradimensionata di tutta la
nostra attrezzatura e, se controllati prima di ogni volo, non daranno mai problemi.
Essi devono, tuttavia, venire sostituiti se presentano segno di ossidazione (patina bianca o nerastra) o se si
osservano difficoltà all'avvitamento (indice di una possibile deformazione).